Salario minimo: quando il giudice può discostarsi dalla retribuzione individuata dal CCNL
La Corte di Cassazione con due sentenze gemelle (n. 27711 e 27769 del 2.10.2023) ha accolto il ricorso di alcuni lavoratori, cassando la sentenza impugnata e stabilendo alcuni principi di diritto fondamentali in quello che è un tema oggetto di forte dibattito politico.
Il riferimento della Suprema Corte è l’art. 36 della Costituzione: la retribuzione dovuta deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque sufficiente ad assicurare al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa. Il Giudice, di fronte alla domanda di adeguamento della retribuzione, deve procedere al raffronto della retribuzione percepita anzitutto con quella prevista dal CCNL applicato e, in caso di ritenuta insufficienza di quest’ultima, può motivatamente discostarsene.
Per determinare il giusto salario minimo costituzionale, il giudice può dunque considerare anche i salari previsti in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe, e può fare riferimento ad indicatori economici e statistici utilizzati per misurare la soglia di povertà (indice Istat) o la soglia di reddito per accedere alla pensione di inabilità, come suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041.

- Postato in:
 - Diritto del lavoro
 - News
 


Lascia una risposta